19 luglio 1992 muore il giudice Paolo Borsellino in via D’Amelio, a Palermo.
Con lui persero la vita cinque agenti della scorta.
Per una serie di vicissitudini che non sto qui a raccontarvi, l’estate del 1992 cambierà per sempre il corso della mia vita.
25 anni fa, un mondo completamente diverso, senza internet, euro, cellulari, social network.
“Devo sbrigarmi non ho più tempo” è la frase che ripeteva dal 23 maggio dello stesso anno.
Fiammetta, la figlia del Giudice, dichiara che il padre era stato lasciato solo in vita e purtroppo anche da morto.
Il 19 luglio 1992, dopo aver pranzato a Villagrazia di Carini con la moglie Agnese e i figli Manfredi e Lucia, Paolo Borsellino insieme alla sua scorta andò in via D’Amelio, per una visita a sua madre. Lì esplose al passaggio del magistrato una Fiat 126 piena di tritolo, parcheggiata sotto l’abitazione della madre, uccidendo oltre a Borsellino anche i cinque agenti di scorta Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. L’unico sopravvissuto fu l’agente Antonino Vullo, salvo solo perchè al momento dell’esplosione stava parcheggiando un’auto della scorta.
Borsellino fu sempre in prima linea contro la mafia. Nel 1963, quando entrò in magistratura vincendo il concorso, divenne il più giovane magistrato d’Italia. Iniziò il tirocinio come uditore giudiziario e lo terminò il 14 settembre 1965 quando venne assegnato al tribunale di Enna nella sezione civile. Nel 1967 fu nominato pretore a Mazara del Vallo. Nel 1969 fu pretore a Monreale, dove lavorò insieme ad Emanuele Basile, capitano dell’Arma dei Carabinieri. Nel 1975 Borsellino venne trasferito presso l’Ufficio istruzione del Tribunale di Palermo. Nel 1980 Borsellino continuò l’indagine sui rapporti tra i mafiosi di Altofonte e Corso dei Mille iniziata dal commissario Boris Giuliano (ucciso nel 1979), lavorando sempre insieme al capitano Basile. Intanto tra Borsellino e Rocco Chinnici, nuovo capo dell’Ufficio istruzione, si stabilì un rapporto, più tardi descritto dalla sorella Rita Borsellino e da Caterina Chinnici, figlia del capo dell’Ufficio, come di “adozione” non soltanto professionale. Il 4 maggio 1980 il capitano Basile venne assassinato e fu decisa l’assegnazione di una scorta alla famiglia Borsellino.
Deve sbrigarsi chi sa di non avere più tempo, chi di non avere le spalle coperte. Chi sa di essere solo.